Gaspar Drastico (un anno e mezzo dopo)

Sul futuro dei giornali e, più in generale, dell'informazione su carta stampata, nel febbraio del 2008 a Udine si era tenuto lo "State of the Net", al quale tra gli altri era intervenuto proprio Gaspar Torriero.
Quel che ha detto è questo. Ciò che segue, invece, è una trascrizione (quasi) completa di quanto detto da Gaspar. Lo riporto per due motivi. Primo, perché è un riassunto piuttosto efficace di un pensiero drastico, ma che fa riflettere. Secondo, perché mi piacerebbe sapere se Gaspar ha cambiato idea, rispetto allora, e in che modo, in che direzione.

“Satori”. “Satori” è una bella parola giapponese che vuole dire “comprensione”, “illuminazione”, “rendersi conto”, in qualche modo.Il “satori” è quando tu, attraverso un’intuizione, tu diventi un tutt’uno con quello che stai comprendendo e quando questa comprensione ti colpisce in mezzo agli occhi.Primo esempio.La Olivetti Logos 59, è datata 1973, e rappresentava lo stato dell’arte delle macchine calcolatrici da tavolo. Te la vendevano con un tavolo, ci volevano due persone per spostarla ed era dura di tasto. Contemporaneamente, nello stesso anno, la Sharp metteva in commercio la El 55, a batteria, con display a cristalli liquidi, (che sta tranquillamente nel palmo di una mano) e probabilmente in Olivetti stavano pensando che come qualità era inferiore alla loro, che era “più brutta”, “meno funzionale”, dal design meno prestigioso.La verità è che la Olivetti non fa più calcolatrici e tutti noi abbiamo la “funzione” della calcolatrice, in mille attrezzi che ci portiamo in giro (telefonino, palmare…).Mi sembra di vedere storie che si ripetono.C’è sempre qualcosa che a un certo punto accade, succede, e cambia il paradigma. Un certo modo di fare, da quel momento in poi, non funziona più. Nella Logos Olivetti “vedo” chi si ostina a fare le medesime cose, non accorgendosi di essere superato da un nuovo paradigma che gli passa sopra.Secondo esempio.Nel 1997 c’era un sito della Nike che per la prima volta presenta un’offerta personalizzata. Grazie alle prime macchine a controllo numerico era in grado di passare dalla produzione di massa a quella dei piccoli numeri. Tramite Internet ero contattato direttamente io, cliente, che potevo scegliere. Internet era un grande incrocio, che significava che la produzione di massa era “morta”, la distribuzione di massa era “morta”, la pubblicità di massa era “morta” (“morta” nel senso non di scomparsa, bensì dell’esistenza di alternative possibili e praticabili).Dieci anni fa però Internet era in mano quasi esclusivamente alle aziende.Terzo esempio.Nelle ore frenetiche dell’11 settembre 2001, in tv c’era un filmato in “loop” con commentatori che non sapevano cosa dire, anche i grandi siti di informazione erano bloccati. L’unica cosa che funzionava in quel momento erano i blog. Gente che viveva lì, raccontava quello che vedeva, storie di gente, di dispersi, nei commenti venivano fatte segnalazioni. Ho capito che il fenomeno dei blog era importante non in sé, non il blog, ma la rete, l’esser parte della rete dove c’era uno scambio di informazioni tra persone. Questa gente parlava con la propria voce, come parlerebbe a un amico, non erano voci autorizzate, erano spontanee. In quel momento ho capito che fino ad allora avevo ascoltato pubblicamente soltanto voci autorizzate, approvate, facenti parte del sistema, che di colpo suonavano come false, pompose, inascoltabili. Quella cosa mi colpì molto, tant’è che due mesi dopo aprii il mio blog.La novità fondamentale era il rispetto. Io, lettore, sono al tuo livello. Anzi, spesso ci cambiamo i ruoli: i divento scrittore e tu lettore.Nel rapporto c’è attenzione, ma il livello è paritario.Ogni giorno, si aprono ben 120.000 blog! Se ci pensate, è una cosa pazzesca. E così oggi la rete è una rete di persone e oggi le pagine Internet fatte da persone sono di più di quelle create da aziende, istituzioni, eccetera eccetera.Internet è diventato un mezzo di comunicazione e relazione personale. E però, alla luce di questo nuovo paradigma, ci sono molte cose stonate.Io, cliente Internet, non sono dotato di indirizzo fisso Ip (in pratica posso ricevere dati, ma non fornire dati), non banda larga e dunque non ho simmetria e non posso ottenere dati velocemente, ne darli.Il paradigma del mio accesso ad Internet oggi è ancora quello delle aziende, non quello delle persone.Penso che tra vent’anni, quando guarderemo indietro, parleremo di questi anni come della preistoria di Internet. Ci sono ancora tantissime cose che devono ancora cambiare.Se ci pensate il mondo dell’informazioni, dei giornali, della tv, ripropone una parità. Io do un soldo, tu mi dai una notizia. “Dimmi quello che devo sapere e che nessun altro mi può dire”, per cui io sono disposto a darti dei soldi in cambio.Oggi l’equilibrio è cambiato. C’è un rapporto diretto e paritario tra giornale e pubblicità.Io rimango molto insoddisfatto quando vedo che la carta viene riproposta pari pari sul web, come se il web non fosse quello che è.L’alternativa al filtro dei giornali è il mio filtro, cioè un aggregatore di notizie.L’alternativa al sito del giornale è il sito di Andrea Beggi, blogger, che mi dà molti più offerti (10 a zero rispetto al Corriere, ad esempio).C’è un’altra cosa. Andrea Beggi è più crediile perché Andrea Beggi non mi deve vendere niente. È più autorevole, perché parla di cose che sa (e anche quando non sa, accetta delle correzioni).Il problema è: “Come è sostenibile il blog di Andrea Beggi”?Io so che la redazione Internet di un giornale è autosufficiente, grazie alla raccolta pubblicitaria, si finanzia in modo decente. Questo perché la redazione on line è piccola e non ha bisogno di grandi mezzi.Se la redazione del Corriere o di Repubblica diventasse tutta on line, non potrebbe essere pagata. Qui vedo un disastro che potrebbe succedere.La pubblicità non funziona sul web. Chi è abituato a usare Internet usa “firefox”, usa “adblock”, che “eliminano” la pubblicità. È per questo che i miei amici dicono che sono un “talebano”.Quanti hanno ciccato su un banner pubblicitario?C’è un 2 per 1000 di “cliccatori” e sono le casalinghe americane che non sanno usare Internet.Per me “information overload” (abbondanza eccessiva di informazioni) è un mito che non esiste, perché io non sono il grande pubblico, io so cosa mi interessa, sono perfettamente in grado di filtrare.

Commenti

  1. Grazie Giorgio di questa trascrizione, non dovevi! Che a rileggermi nero su bianco mi trovo abbastanza fumoso :)

    Comunque, non posso che ribadire: il web che cresce e si sviluppa, spesso con ritmi spettacolari, è quello delle persone. Tutto il resto gioca ruoli molto marginali.

    E se vuoi, questo è un messaggio di speranza per i bravi giornalisti, il cui futuro, io credo, è assicurato anche dopo la morte dei giornali.

    In questi giorni, tanto per dirne una, ho potuto avere accesso diretto alle notizie provenienti dai Twitter iraniani, ma ho sentito il bisogno di appoggiarmi all'ottimo Ezechiel (http://twitter.com/ezekiel) che faceva da "curatore", filtrando le informazioni più attendibili da quelle non confermate.

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